MONDO DELLE RICERCHE

Home » Esomar » Il successo di @Angry_MR_Cliente

Il successo di @Angry_MR_Cliente

Da diversi mesi stiamo monitorando il successo di @Angry_MR_Client. Si tratta di un account twitter (anonimo) che si descrive come un clientestufo delle agenzie/istituti di ricerca che falliscono letteralmente nella capacità di innovare, non riescono a connettere le evidenze e soprattutto mancano di buon senso!

I messaggi postati da questo cliente sono stati condivisi anche da opinion leader del mondo delle ricerche e da siti online inglesi molto seguiti. Del resto il mondo delle ricerche è in continua e rapida evoluzione e sono tanti i ricercatori aziendali e degli istituti che si mettono costantemente in discussione per poter cogliere appieno  le opportunità e investire le proprie energie e risorse sull’innovazione. Questo significa anche avere il coraggio di investire sulla nuova generazione, come sostenuto recentemente dal Harvard Business Review (qui).

@Angry_MR_Client rappresenta una simpatica provocazione o un ‘sentiment’ comune a diversi clienti aziendali e riesce ad esprimere, in modo ironico, molti concetti che confermano l’inefficienza di taluni approcci causata spesso dalla rigidità verso ciò che è nuovo e, più in generale, verso il cambiamento.

In sintesi, e nella sua più assoluta semplicità, questo account anonimo denuncia, molte inefficienze che causerebbero anche  investimenti negativi in termini di R.O.I. Tra le provocazioni più interessanti, abbiamo pensato di riprendere alcuni dei ‘10 motivi di un rispondente infuriato’ (originale al link qui):

‘Chiedi ma non mi comprendi veramente’ : la classificazione su 4-5 parametri socio-demografici è ‘riduttiva’, mentre oggigiorno è importante arricchire l’analisi partendo dal Consumer Behavior e dai cambiamenti in essere. Inoltre il desiderio di andare oltre l’ovvio, permetterebbe di ricercare una visione d’insieme più olistica e completa (e anche una migliore raccolta/misurazione di nuovi insight).

‘Chiedi ma non vuoi sapere le mie reali motivazioni’:  chiudere le risposte, in tutti i sensi, con tradizionali risposte precodificate, è sicuramente molto più conveniente per l’analisi (quindi più economico). Tuttavia le tabelle dove si richiede di rispondere a una lista estenuante di item o dare un giudizio su  6-8 prodotti  possono togliere ogni motivazione al rispondente. La statistica, si sa, può essere ‘close minded’. Perchè non (re)introdurre domande aperte e avere una visione più ‘open minded’? I rispondenti oggigiorno sono molto più aperti alla conversazione e alla condivisione (i ricercatori statistici, appassionati,ne sarebbero entusiasti perchè potrebbero creare e ideare modelli e analisi più innovative).

‘Chiedi ma non ti importa chi sono’: questo è uno degli aspetti forse più delicati. Perchè si ripetono spesso le domande o vengono poste  in modo non appropriato (chi verifica l’accuratezza dei questionari, il linguaggio usato, il flusso e i link delle domande?)

– ‘Mi menti’: il questionario dovrebbe durare 10-15 minuti eppure dopo 25-35 minuti il questionario non è completato. Colpa del rispondente ‘lento’ o del questionario che non è stato verificato in termini di lunghezza/tempo medio necessario? Eppure  si sa che il rispondente, sfinito e anche infastidito,potrebbe iniziare poi a rispondere indifferentemente (=3 su scala 1-5), pur di terminare il lunghissimo questionario. Perchè non dire, in modo trasparente, quanto dura veramente l’indagine?

– ‘Dare un feedback‘: è ormai consuetudine lasciare, in coda al questionario, la possibilità ai rispondenti di dare un proprio feedback. Un pò come il feedback sulla ‘client experience’, ovvero i questionari inviati, dalle agenzie ai clienti aziendali, al termine di ciascuna indagine.  Perchè non restituire al cliente aziendale anche il feedback del rispondente, comprensivo delle sue impressioni sulla durata, sulla comprensione/chiarezza delle domande (… la traduzione!), etc.? E soprattutto, perchè non dare un feedback veloce ai rispondenti che hanno proposto, per esempio, suggerimenti e idee interessanti ?

‘Pensi che sia un robot’: questo è uno dei più importanti challenge per le ricerche di mercato nel 2013: classificare una persona per ciò che è predefinito in un questionario potrebbe essere molto rischioso, pensare che la persona agisca e si comporti di conseguenza in futuro potrebbe essere ancora più rischioso. Predirre  un consumer behavior è infatti molto più complesso rispetto a ciò che emerge da un questionario tradizionale. Perchè? Riprendendo le parole di @Angry_MR_Client, o più semplicemente ciò che le neuroscienze hanno confermato negli ultimi anni, ‘a volte dico cose che non penso e faccio cose che non ammetto di avere fatto. Sono solo un essere umano. Spiacente!’

Per il futuro si ipotizza un nuovo set competitivo di agenzie e istituti (cliccando sull’immagine di apertura dell’articolo si aprirà l’articolo originale). Anche noi condividiamo l’ipotesi di un potenziale scenario competitivo allargato: Facebook e Google hanno già acquisito una lunga esperienza sul modo di interagire con le persone nelle community e nelle ricerche DIY. A ciò si aggiungono i competitor che propongono l’analisi dei BIG DATA (IBM etc.).

In sintesi, in un futuro molto vicino, l’approccio alle ricerche, qualitative e quantitative, insieme al MINDSET dei ricercatori, potrebbe fare la differenza e, non da ultimo, impattare sull’efficienza e sul R.O.I. delle ricerche di mercato.


1 commento

  1. mondodellericerche ha detto:

    Angry non è più un ‘cliente’ e non è più anonimo. Ecco il link al video:

Lascia un commento